Bene, ma non benissimo.
Potrebbe andare meglio.
Ma se We’re still together si salva (e ci salva) dal trash dirompente, in compenso confonde. Confonde parecchio.
É una storia di incontri (casuali e non), di famiglie, di accettazione, di disambiguazione.
É una storia con un sacco di roba, forse pure troppa.
Ma procediamo per gradi.
Chris è un ragazzo vittima di bullismo. Lo capiamo dal primo momento. E fin troppo bene, in una scena non esattamente violenta, ma sicuramente non piacevole. Né tantomeno necessaria. Ce la saremmo risparmiata volentieri.
Ma poi la situazione è rientrata, il film è continuato. Compare Bobby, cavaliere dall’armatura non esattamente scintillante che salva il giovane e lo prende sotto la sua ala, trascinandolo in una nottata sfrenata fatta di feste, alcool e “rapimenti” di prole.
Bobby ha bisogno di qualcuno che sopporti i suoi comportamenti impetuosi e violenti al limite della pazzia; Chris di qualcuno che lo difenda e lo trasformi in un uomo con un minimo di spina dorsale. Ed ecco che questi due personaggi si accompagnano, si insultano, si picchiano e si confrontano, in un continuo alternarsi di scene di incredibile semplicità e momenti in cui il WTF regna sovrano.

E alla fine?
Alla fine si resta perplessi.
Da un lato ottime performance degli attori, con i due protagonisti abili a mantenere l’attenzione durante tutto il film, ambientazioni suggestive, con una Montreal che non dorme mai e dei dialoghi che farebbero vomitare arcobaleni ad ogni fan sfegatato di Linklater. Ma restano molti gli elementi senza senso:
-Visioni improvvise e senza alcun perché se escludiamo l’utilizzo di LSD.
-Scelte tecniche altamente discutibili, dal fuori fuoco random, ad inquadrature di orecchie senza ritegno, all’utilizzo di foto con musiche discutibili che manco il video della prima comunione della cugina Maria.
-La backstory di Bobby, che suscita molto interesse, ma che viene lasciata al di fuori della narrazione, portando a molti dei momenti WTF sopra citati.
Capire le parti? Difficile. Prendere posizione? Impossibile.
In compenso la ragazzina del film è adorabile (ma in fondo quale bambino in un film non lo è?) #TeamLivvy

We’re still together aveva potenziale. E anche parecchio. Molto interessante l’unione di due personaggi di generazioni differenti senza che tra i due ci sia un legame di parentela e senza che l’uno sia il mentore dell’altro. Davvero interessante l’articolazione di questa improbabile amicizia tra due sconosciuti: nessuna interazione fuori luogo, né dialoghi privi di contenuto.
Ma c’era decisamente troppo materiale per un film sotto le due ore e la pellicola aveva bisogno di qualche spiegazione in più: attribuire tutto ai problemi psicologici dei personaggi non risolve tutti i problemi.

